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Radon

Che cos’è il radon?
Il radon è un elemento chimico naturale, radioattivo, appartenente alla famiglia dei cosiddetti gas nobili o inerti. È incolore, inodore e insapore; non può essere avvertito dai sensi. Viene prodotto per “decadimento nucleare” dal radio che a sua volta proviene dall’uranio. Questi elementi sono presenti fin dalle origini della terra, in quantità molto variabile, in tutta la crosta terrestre e quindi anche nei materiali da costruzione che da questa derivano (cementi, tufi, laterizi, pozzolane, graniti, ecc.).
L’uranio è il capostipite di una catena naturale che attraverso successivi decadimenti del nucleo si trasforma in elementi e isotopi diversi fino a raggiungere l’elemento stabile del Piombo 206. Durante tutto il processo vengono emesse ad ogni trasformazione nucleare radiazioni ionizzanti di diverso tipo, alfa o beta o gamma o combinazioni tra esse.
L’uranio e il radio sono elementi solidi, ma il radon è un gas e quindi è in grado di muoversi e di fuoriuscire dal terreno (o dai materiali da costruzione o anche dall’acqua) ed entrare negli edifici. Anche il radon emette radiazioni e si trasforma in altri elementi. Questi ultimi sono definiti “prodotti di decadimento” o “figli” del radon e sono a loro volta radioattivi ed emettono ancora radiazioni. In particolare oltre al radon-222, il polonio-218 e il polonio-214 emettono radiazioni alfa che sono vere e proprie particelle energetiche che producono un notevole danno durante il breve tratto di tessuto che eventualmente attraversano.
Non esiste luogo ove il radon non sia presente. In atmosfera si disperde rapidamente e non raggiunge quasi mai elevate concentrazioni, ma nei luoghi chiusi (case, scuole, negozi, ambienti di lavoro, ecc.) può in taluni casi arrivare a concentrazioni tali da rappresentare un rischio eccessivo per gli occupanti.

Quali sono le fonti del radon?
Il radon è un gas inerte, pertanto non reagisce chimicamente con l’ambiente che lo circonda. Una volta prodotto è in grado di migrare attraverso il suolo e diffondere dai materiali da costruzione.
L’interno degli edifici è generalmente in depressione rispetto all’esterno. Questa depressione produce dei moti convettivi nel suolo che fanno sì che il radon venga “aspirato” verso l’interno degli edifici stessi.
Una volta raggiunto l’edificio penetra attraverso:

  • Le fessure dei pavimenti, anche se invisibili, che sono sempre presenti
  • Le giunzioni pavimento-parete
  • I passaggi degli impianti termici, idraulici, delle utenze elettriche, del gas ecc.

Anche i materiali da costruzione emettono radon, e possono, in alcuni casi, contribuire considerevolmente ad aumentare la concentrazione.
Anche l’acqua è una sorgente di radon, ma, a meno di casi eccezionali, contribuisce in misura minore alla concentrazione di radon.
La concentrazione di radon è molto variabile sia da luogo a luogo che nel tempo. Due edifici simili, vicini possono avere concentrazioni molto differenti. Forti variazioni della concentrazione di radon si possono riscontrare tra il giorno e la notte, durante differenti condizioni meteorologiche e tra estate e inverno. Per questo motivo una misura della concentrazione di radon significativa per capire la situazione e per decidere cosa fare deve essere fatta per un periodo sufficientemente lungo, possibilmente per un intero anno.

Quali sono gli effetti sulla salute?
Il radon è un agente cancerogeno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), attraverso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato fin dal 1988 il radon nel Gruppo 1 in cui sono elencate le 95 sostanze dichiarate cancerogene per l’uomo. Il principale effetto sanitario è il tumore polmonare.
Il radon è un elemento inerte ed elettricamente neutro, per cui non reagisce con altre sostanze. Di conseguenza, così come viene inspirato, viene espirato. Tuttavia è anche radioattivo, ossia si trasforma in altri elementi, chiamati prodotti di decadimento del radon, o più generalmente “figli”. Questi sono elettricamente carichi e si attaccano al particolato sempre presente in aria. Il particolato, costituito anche da polvere non visibile che rimane sospesa in aria, può essere inalato e fissarsi sulle superfici dei tessuti polmonari. Gli atomi, così depositati, in particolare due isotopi del polonio (Po-218 e Po-214) sono ancora radioattivi ed emettono radiazioni “alfa” che possono danneggiare le cellule.
I danni che vengono prodotti sono generalmente riparati dai meccanismi biologici. In alcuni casi uccidono le cellule, ma vi è una probabilità che il danno cellulare sia di tipo degenerativo e che la cellula mantenga la sua capacità di riproduzione entrando a far parte di un processo cancerogeno. Fino ad oggi non sono stati dimostrati altri effetti, diversi dal tumore polmonare.
Fondamentale importanza assume la combinazione tra fumo di tabacco e esposizione al radon. Il rischio assoluto di un tumore polmonare causato dal radon per i fumatori viene considerato 15-20 volte superiore rispetto al rischio per i non fumatori. Secondo recenti stime, circa l’11 % degli oltre 31.000 casi di tumore polmonare che ogni anno si registrano in Italia sono attribuibili al radon, e per la grande maggioranza tra i fumatori. Tale numero rappresenta circa il 2% di tutti i decessi per ogni tipo di tumore.
La probabilità di contrarre il tumore polmonare è proporzionale alla concentrazione in aria e al tempo trascorso nei vari ambienti di vita (case scuole, ambienti di lavoro, ecc.) e al consumo di tabacco.
Non esiste una concentrazione “sicura” al di sotto della quale la probabilità di contrarre il tumore è nulla. Tuttavia molte organizzazioni scientifiche internazionali, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Comunità Europea e singoli Paesi hanno fissato dei livelli di riferimento per le abitazioni e per gli ambienti di lavoro al di sotto dei quali ritengono il rischio accettabile. Al di sopra di questi valori, invece, suggeriscono e in alcuni casi impongono di adottare provvedimenti per la riduzione della concentrazione.

Come ridurre l’esposizione?
Non è possibile eliminare completamente il radon dai nostri ambienti di vita. Il radon infatti è presente anche all’esterno, in concentrazioni relativamente basse (5-10 Bq/m3). Tuttavia è possibile, anzi è raccomandabile intervenire in quegli ambienti in cui la concentrazione è elevata poiché è causa un elevato rischio per la salute.
Sono di seguito elencati i principali modi per ridurre la concentrazione di radon in un ambiente.

  • Depressurizzazione del suolo: questa è la tecnica maggiormente consigliata nel caso di concentrazione molto elevata derivante dal suolo. Si tratta di realizzare sotto la superficie dell’edificio un piccolo ambiente per la raccolta del gas radon. Questo pozzetto viene collegato a un piccolo ventilatore. In tal modo si realizza, all’interno del pozzetto, una depressione che raccoglie il radon e lo espelle in aria impedendo che entri all’interno dell’edificio.
  • Ventilazione: un aumento della ventilazione dell’ambiente diluisce il radon presente. Questo metodo si realizza con l’ausilio di un ventilatore. I problemi connessi con questo sistema sono legati alla necessità di recupero del calore nei mesi invernali. Il metodo è più adatto per applicazioni in ambienti di lavoro, in particolare laddove  esiste già un impianto. Questa tecnica oltre a risolvere il problema del radon contribuisce, con opportuni accorgimenti, a migliorare il complesso della qualità dell’aria.
  • Pressurizzazione dell’edificio: in questo caso si cerca di incrementare la pressione interna dell’edificio, in modo da contrastare la risalita del radon dal suolo. In pratica l’aria interna spinge il radon fuori dall’edificio. Anche in questo caso è necessario l’ausilio di un ventilatore.
  • Ventilazione del vespaio: questo metodo è utilizzato quando è presente un vespaio al di sotto dell’edificio. Aumentando la ventilazione del vespaio si diluisce il radon presente e di conseguenza meno radon si trasferisce nell’edificio. L’incremento della ventilazione può essere realizzato aumentando il numero delle bocchette di aerazione ed eventualmente applicando un ventilatore. In alcuni casi la semplice pulizia delle bocchette di aerazione presenti porta a un abbassamento della concentrazione di radon.
  • Sigillatura delle vie di ingresso: con questo metodo si tenta di chiudere tutte le possibili vie di ingresso. La sigillatura può essere parziale, cioè a carico delle fessure, delle giunzioni pavimento-pareti, dei passaggi dei servizi, (idraulici, termici, delle utenze ecc.), oppure totale, cioè su tutta la superficie di contatto con il suolo. Si utilizzano particolari materiali polimerici per la sigillatura parziale e fogli di materiale impermeabile al radon per la sigillatura totale.In fase di progettazione o di costruzione di un nuovo edificio adottare criteri che riducano l’ingresso del radon dal suolo ha un costo relativamente ridotto.

Come individuare la presenza di radon nelle abitazioni?
La grandezza che viene presa come riferimento per valutare l’entità del problema è la concentrazione di gas radon (o radon 222) in aria. Viene espressa in Bq/m3(Becquerel per metro cubo) ossia il numero di trasformazioni nucleari che ogni secondo sono emesse in un metro cubo di aria.
La misura si effettua con diverse tecniche: il metodo più diffuso ed economico, con il quale sono state fatte decine di milioni di misure in tutto il mondo, richiama i dosimetri degli addetti ai reparti di radiologia dei laboratori di analisi cliniche. Nel dispositivo è presente un materiale sensibile alle radiazioni alfa emesse dal radon e dai suoi prodotti di decadimento. Le radiazioni alfa, attraversando il materiale, vi imprimono delle “tracce” indelebili. Al termine della esposizione il dispositivo viene portato in laboratorio ed analizzato. Il “numero” delle tracce rivelate è proporzionale alla concentrazione del radon gas presente nell’ambiente in esame. A causa della elevata variabilità della concentrazione di radon la misura deve essere protratta per un intero anno possibilmente suddivisa in due semestri corrispondenti ai periodi caldi (primavera estate) e freddi (autunno inverno).

Fonte: APAT